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=== Lei === Sono abbastanza d'accordo che la * <u>comunicazione pubblica</u> dei temi della <u>sinistra radicale</u> (cioè che critica radicalmente il sistema) sia <u>gestita molto male e causi i feedback di resistenza</u> al cambiamento di cui parli tu. Infatti tra le domande su cui confrontarsi ho messo ''"come gestire la comunicazione pubblica di questa riflessione in modo che non risulti controproducente per le cause che portiamo avanti?''", perché penso sia un punto importante. * Se poi parliamo di come il '''femminismo''' affronta le questioni di genere, allora <u>non è neanche più solo un problema di comunicazione</u>, <u>ma spesso anche di contenuto</u>: <u>l'analisi femminista</u> dell'impatto del sistema dei ruoli di genere sugli uomini e della posizione ricoperta dagli uomini rispetto al sistema <u>ha diverse falle</u>. * Se invece parliamo della componente <u>antirazzista</u>, <u>anti-ciseteronormatività, antiabilista e anticolonialista della sinistra radicale</u>, penso che la resistenza astiosa sia dovuta più che altro, appunto, a una comunicazione di questi temi che non tiene conto della fisiologica resistenza al cambiamento degli esseri umani, però non solo. ** Bisogna anche riconoscere che la '''destra''' sta usando tutti i mezzi in suo potere per costruire una narrazione demonizzante (e anche infantilizzante) nei confronti delle istanze della sinistra intersezionale. Su questo ti consiglio di leggere il post intitolato "La costruzione di un'ideologia" (o qualcosa del genere) de La Fantomatica e Immaginaria Dittatura del Politicamente Corretto - la pagina di per sé ha una visione parziale delle questioni di genere, essendo femminista, e presenta almeno in parte i succitati problemi di comunicazione delle proprie idee, ma allo stesso tempo spesso sforna analisi e materiali interessanti. * Questo per dire che sì, l'ostilità per le istanze di sinistra si può sicuramente spiegare con il tuo ragionamento, ma solo in parte: dall'altra parte ci sono esplicitamente l'interesse e l'intenzione di conservare lo status quo e mantenere intatta la marginalizzazione dei più deboli. * Dunque '''ora come ora mi interessa di più evidenziare le responsabilità di questi soggetti piuttosto che quelle di qualche influencer che si fa un po' prendere la mano con i temi dell'inclusività''', di qualche ragazzino/a che si pone al riguardo con un atteggiamento un po' performativo, ecc... A lungo ho pensato che fossero questi i veri "nemici" delle mie battaglie, ma da un po' di tempo a questa parte sto cambiando prospettiva, anche perché mi rendo conto che la discussione al riguardo non va molto lontano e che spesso finisce per essere uno spazio sicuro per le destre per portare avanti la loro agenda pro-status quo. Parli di un'attivista trans che ha fatto qualcosa di magari un po' cringe? Tra tutti i commenti che la criticano per questo, <u>pochissimi faranno lo sforzo di andare oltre</u>, di non ridurre la conversazione sulla transfobia a quello, e poi arriverà quello che, forte del clima di astio nei confronti di una persona trans che parla di questioni trans, lancerà un commento su come "l'agenda trans" voglia sconfessare la biologia, mutilare i bambini, demonizzare le persone cis-etero, ecc... È importante non dare argomenti alla destra, ma è anche più importante non farle accidentalmente da megafono. Quindi, in sostanza: * negli ambienti della sinistra radicale (anticapitalista), le persone LGBT+ e le frange anti-cisnormatività erano marginali e marginalizzate dalla maggioranza cis-etero e omobitransfobica, perché anche questi ambienti, come tutti gli altri, sono attraversati dai diversi assi dell'oppressione sistemica; * gli esponenti dello status quo capitalista, per approfittare di questa divisione [ecco l'effetto divisivo del riduzionismo di classe e della discriminazione intraclasse di cui parlavo], si sono appropriati di alcune rivendicazioni LGBT+, in una versione abbastanza diluita da essere compatibile con il liberalismo e le politiche economiche neoliberiste, neutralizzandone così il potenziale rivoluzionario [rainbow-washing] e scindendo l'attivismo LGBT+ dalla lotta contro il sistema di oppressione multidimensionale [realismo capitalista]; * gli attivisti LGBT+ non di sinistra e molte persone LGBT+ - perché ovviamente l'identità sessuale è di per sé slegata dall'orientamento politico, come d'altronde la condizione socioeconomica e lavorativa, altrimenti tutti i lavoratori dipendenti sarebbe anticapitalisti, ma non è così - hanno accolto favorevolmente questo seppur limitato miglioramento della propria condizione almeno a livello formale, perché a nessuno piace essere discriminato e vedersi negati i propri diritti. Anche i lavoratori e le persone in difficoltà economica, finché sono bianche e cis-etero, non esitano a buttare sotto il tram le minoranze, votando il primo politico populista che promette loro un miglioramento della loro condizione che passi dalla vessazione del capro espiatorio (marginalizzato) di turno; * in tutto questo, però, non è che le frange pro-LGBT+ della sinistra radicale anticapitalista si siano vendute intellettualmente e politicamente al capitalismo in cambio di queste concessioni, dunque non mi sembra opportuno parlare di alleanza. Il movimento queer anticapitalista continua a essere attivo e a mettere in guardia dal rainbow-washing capitalista. In definitiva, le <u>concessioni che il capitalismo ha fatto alla comunità LGBT+</u> hanno avuto il <u>doppio effetto di disinnescare il potenziale rivoluzionario della lotta LGBT+ e di indebolire la lotta di classe</u> approfittando dell'omobitransfobia della sinistra anticapitalista, proprio perché chi è discriminato o comunque contrario alla discriminazione fugge dai rossobruni. Ma se la lotta di classe è più debole di prima perché non va al di là della retorica anticlassista e antilavorista del neoliberismo, la lotta LGBT+, pur essendo più forte di prima (sarebbe impossibile esserlo di meno, dato che prima era totalmente invisibilizzata e osteggiata, a differenza della lotta di classe), è comunque debole rispetto a ciò che potrebbe essere, perché, al di là di qualche concessione formale e retorica, il capitalismo dà solo rainbow-washing, appunto. E in ogni caso la presentazione delle rivendicazioni LGBT+ come mezzo retorico per distrarre dalla lotta di classe alimenta solo il riduzionismo di classe e l'omobitransfobia intraclasse, che è proprio ciò che ha causato tutto questo circo in primo luogo. Dunque mi sembra assolutamente ragionevole affermare che le lotte dei gruppi marginalizzati hanno subito il giochetto del realismo capitalista tanto quanto la lotta di classe e che la strategia migliore è riconoscere e combattere tutte le forme dell'oppressione sistemica. [Scusa le ripetizioni di parole e concetti, ma non trovavo un modo più snello per esporre il ragionamento in modo chiaro] Se per normalizzazione intendiamo che non sono più visti come malati e pedofili, ma addirittura come persone, ok, solo che non mi sembra che vada molto più al di là di questo. E appunto ha diluito la lotta e ne ha tolto il potenziale sovversivo. Non sono conquiste piccole (irrilevanti), ma sono limitate. Anche la sanità pubblica è il diritto alle ferie retribuite sono grandissime conquiste, ma non sono neanche lontanamente esaustive. Stesso discorso. ====== Attivismo queer ====== Non ho detto che l'attivismo queer è rimasto duro e puro, ho detto che l'attivismo queer DI SINISTRA RADICALE ANTICAPITALISTA è rimasto tale e non ha mai elogiato acriticamente le conquiste ottenute sotto/grazie a il capitalismo. L'attivismo queer non è né è mai stato un blocco unico (come nessuna forma di attivismo), quindi aveva e ha ovviamente anche delle frange liberali/liberiste o comunque non particolarmente politicizzate, così come non tutti i sindacati e i rappresentanti sindacali sono socialisti, anzi. Quindi certo, una parte dell'attivismo LGBT+ avrà endorsato il capitalismo, ma non quella anticapitalista, o hai prove del contrario (documenti, dichiarazioni, libri, ecc... che testimonino un repentino endorsement del capitalismo da parte dei pensatori e degli attivisti queer anticapitalisti)? E io di quella anticapitalista sto parlando, anche perché è ovvio che chi non è anticapitalista, LGBT+ o meno, non ha nessun motivo per contrastare il capitalismo, a maggior ragione se ha qualcosa da ricavarne. L'accusa ha ancora meno consistenza se consideriamo le persone e non gli attivisti: la maggior parte delle persone, e quindi anche di quelle LGBT+, non sono particolarmente politicizzate e si adeguano semplicemente al corso degli eventi, quindi parlare di alleanza delle persone LGBT+ col capitalismo mi sembra totalmente inopportuno. Il tuo discorso suggerisce che i riduzionisti di classe non hanno tutti i torti a dire che le rivendicazioni LGBT+ vengono usate dal capitalismo per distrarre dalla lotta di classe e quindi <u>l'attivismo LGBT+ è alleato del capitalismo</u>. In realtà, '''il capitalismo ha approfittato delle lacune della sinistra anticapitalista strumentalizzando le rivendicazioni LGBT+''', in modo da indebolire, sul lungo termine, sia la lotta LGB+ sia la lotta di classe. Inoltre neghi che il rainbow-washing sia equivalente all'assimilazione del discorso anticapitalista secondo il meccanismo del realismo capitalista, perché il primo è stato il risultato di un'alleanza tra capitalismo e comunità LGBT+ e ha portato effettivi benefici per essa, mentre la seconda aveva lo scopo di affossare l'anticapitalismo e ci è riuscita. Ho spiegato perché non ha senso parlare di alleanza in questo senso, perché questa operazione sia stata favorita dal riduzionismo di classe e perché in realtà abbia indebolito anche la stessa lotta LGBT+. Inoltre non significa molto che la condizione delle persone LGBT+ sia migliorata mentre la lotta di classe si sia indebolita, dato che la prima non poteva peggiorare più di così e la seconda, invece, stava guadagnando terreno (poi perso) da un po'.
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