Femminicidi:versione breve

Da Tematiche di genere.
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Lo stesso argomento in dettaglio: Riassunto dei vari articoli sui femminicidi.
Lo stesso argomento in dettaglio: Femminicidi.

Disclaimer, questa è una versione estremamente concisa e discorsiva; non è nemmeno completa. Ma permette di farsi una prima idea di come stanno le cose, da cui poi è possibile approfondire.

Versione discorsiva[modifica | modifica sorgente]

Ieri c'è stato una lunga discussione sui Femminicidi. Oggi vorrei aggiungere alcuni dati di cui non si sente parlare spesso.

Il Devoto Oli definisce femminicidio: "Qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l'identità attraverso l'assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte".

In base a questa definizione, ciò che distingue un omicidio da un femminicidio è la motivazione del gesto. Quindi, è impossibile capire se una persona ha commesso davvero un femminicidio se non si eseguono accurate valutazioni psicologiche del colpevole.

In Italia, avvengono ogni anno 140 femminicidi. Mi sembrava strano che in uno stato inefficiente come il nostro qualcuno si fosse preso la briga di indagare a fondo questi casi per capire il movente. Così mi sono messo a controllare se effettivamente fosse stato fatto. Risultato?

Ho scoperto che tutte le statistiche chiamano femminicidio un qualsiasi omicidio di donne commesso da familiari o conoscenti, indipendentemente dal movente. Quindi, dentro quei 140 femminicidi che vengono contati, molti potrebbero non esserlo.

Incuriosito, ho trovato un po’ più dati:

  • 2.061 gli omicidi di donne tra il 2000 e il 2011;
  • 1.459 sono avvenuti all’interno dell’ambiente familiare o delle relazioni affettive (per l’appunto i circa 140 femminicidi l’anno)

Di queste:

  • 472 erano ultrasessantaquattrenni, di cui circa un terzo uccise “pietatis causa”
  • 467 sono state uccise a causa di gelosia/possesso patologico
  • 347 sono state uccise per motivi di conflitto quotidiano e litigi anche banali
  • 143 sono state uccise a causa di un raptus

Il maggior numero di “femminicidi”, quindi avviene per “pietatis causa” su donne oltre i 64 anni. Sono cioè gesti di “pietà” verso donne che hanno malattie terminali e straordinariamente dolorose. La nostra società, pesantemente influenzata dalla chiesa, toglie a queste donne il diritto legale a morire con dignità. Per legge, devono trascinarsi fino all'ultimo dei loro giorni, indipendentemente da quanto soffrano, indipendentemente da quanto siano depresse, indipendentemente dal fatto che non siano più lucide e autonome; non gli è dato di scegliere se vivere o meno. Ecco, in presenza di queste malattie, talune persone scelgono di uccidere le malate per terminare le loro sofferenze. E questi casi vengono contati tra i femminicidi anche se chiaramente non lo sono. Lo trovate giusto?

Buona parte dei femminicidi riportati dai media non sono femminicidi!

Questo non toglie nulla alle problematiche culturali che abbiamo in Italia (il machismo ad esempio). Tuttavia, è disgustoso che un problema immenso (legato all'eutanasia ed alla chiesa) venga nascosto in un problema con cui non c’entra (i femminicidi).

Assurdo, vero? Ci avresti mai creduto? Occorre informarsi a fondo, perché quando non siamo informati, in ognuno di noi scatta un meccanismo psicologico particolare che integra le informazioni mancanti usando ciò che abbiamo sentito dire durante la nostra vita dai media o da persone che hanno sentito quei media. E lo fa indipendentemente che questi dati siano corretti o sensati. Per questo, le persone possono essere convinte di cose che sono assolutamente in contrasto con la realtà. Si parla in questo caso di dissonanza cognitiva (https://it.wikipedia.org/wiki/Dissonanza_cognitiva). La stampa sa bene di poter convincere le persone di fatti irreali e non fa analisi corrette dei problemi; fa sensazionalismo. I mass media sono aziende, il loro intento dichiarato è fare business, non informazione, come del resto ha sottolineato il direttore della CNN (in un libro intitolato “L'animale sociale” di Aronson).

Fonti:

  • Indagine Eures-Ansa su “Il femminicidio in Italia nell’ultimo decennio. Dimensioni, caratteristiche e profili di rischio”
  • https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01006036.pdf
  • http://www.zeroviolenza.it/temi/item/20116-si-chiama-femminicidio-ed-ha-numeri-spaventosi-pi%C3%B9-del-30-del-totale-sugli-omicidi
  • http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2014/11/19/femminicidi-ogni-due-giorni-viene-uccisa-una-donna_cc33c7e8-81c2-46fa-b1d6-f577eedfb727.html

Versione per punti[modifica | modifica sorgente]

• Uso ambiguo e fuorviante del termine "femminicidio" da parte delle statistiche ufficiali (ISTAT ed Eures), che includono qualsiasi omicidio di donna 𝗶𝗻𝗱𝗶𝗽𝗲𝗻𝗱𝗲𝗻𝘁𝗲𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗱𝗮𝗹 𝗺𝗼𝘃𝗲𝗻𝘁𝗲

• Inclusione di omicidi di donne ultrasessantaquattrenni, spesso uccise 𝗽𝗶𝗲𝘁𝗮𝘁𝗶𝘀 𝗰𝗮𝘂𝘀𝗮 in contesti di malattie terminali, nelle statistiche sui femminicidi

• Inclusione di casi di omicidi per 𝗹𝗶𝘁𝗶𝗴𝗶 quotidiani o 𝗿𝗮𝗽𝘁𝘂𝘀 improvvisi sono anch'essi conteggiati come femminicidi

• 𝗠𝗮𝗻𝗰𝗮𝗻𝘇𝗮 𝗱𝗶 𝗾𝘂𝗮𝗹𝘀𝗶𝘃𝗼𝗴𝗹𝗶𝗮 𝘀𝘁𝘂𝗱𝗶𝗼 𝘀𝗰𝗶𝗲𝗻𝘁𝗶𝗳𝗶𝗰𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗱𝗶𝗺𝗼𝘀𝘁𝗿𝗶 𝘂𝗻𝗮 𝗿𝗲𝗹𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 causale o anche solo di correlazione tra la "cultura patriarcale" e l'incidenza dei femminicidi (invece ci sono studi che li mettono in relazione con la povertà)

• Scarsa considerazione di fattori psicologici individuali e disturbi mentali nell'analisi dei moventi dei femminicidi

• L'Italia è uno dei paesi con il tasso 𝗽𝗶𝘂̀ 𝗯𝗮𝘀𝘀𝗼 di femminicidi in Europa (inferiore a quello di Austria, Finlandia, Francia, Germania, Svizzera e Svezia).

• 𝗜𝗻𝗰𝗼𝗻𝗴𝗿𝘂𝗲𝗻𝘇𝗮 𝘁𝗿𝗮 𝗶 𝗱𝗮𝘁𝗶 𝘀𝘂𝗶 𝗳𝗲𝗺𝗺𝗶𝗻𝗶𝗰𝗶𝗱𝗶 𝗲𝗹𝗮𝗯𝗼𝗿𝗮𝘁𝗶 𝗱𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗣𝗼𝗹𝗶𝘇𝗶𝗮 𝗱𝗶 𝗦𝘁𝗮𝘁𝗼, 𝗯𝗮𝘀𝗮𝘁𝗶 𝘀𝘂 𝗰𝗿𝗶𝘁𝗲𝗿𝗶 𝗿𝗶𝗴𝗼𝗿𝗼𝘀𝗶 𝘀𝘁𝗮𝗯𝗶𝗹𝗶𝘁𝗶 𝗱𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗖𝗼𝗻𝘃𝗲𝗻𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝗜𝘀𝘁𝗮𝗻𝗯𝘂𝗹, e quelli forniti dai maggiori istituti statistici come ISTAT, che risultano significativamente più elevati (circa 50 l'anno quelli della polizia, contro 140 l'anno quelli rilevati da ISTAT ed Eures)

• Risultati dell'indagine di Barbara Benedettelli sulla violenza di genere in Italia nel 2018, che evidenziano un numero uguale di vittime maschili e femminili, sottolineando come solo le uccisioni di donne suscitino attenzione sociale, politica e mediatica

• Analisi criminologica su 115 casi di omicidio di donne in Italia nel 2012, che classifica solo 61 come femminicidi e suggerisce una maggiore propensione al femminicidio tra gli immigrati rispetto agli uomini italiani

• Origine del termine "femminicidio" coniato da Marcela Legarde, femminista messicana, e popolarizzato dal film "Bordertown" del 2007 ispirato ai numerosi omicidi di donne a Ciudad Juarez, in Messico

• Dati che mostrano come le vittime di omicidio femminile a Ciudad Juárez non abbiano mai rappresentato più del 18% del totale delle vittime di omicidio, con una media inferiore al 10% negli ultimi due decenni, percentuale più bassa rispetto agli Stati Uniti, dove circa il 20-25% delle persone uccise ogni anno sono donne

𝗔𝗹𝘁𝗿𝗶 𝗽𝘂𝗻𝘁𝗶 𝗻𝗼𝗻 𝗱𝗶𝗿𝗲𝘁𝘁𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗰𝗼𝗹𝗹𝗲𝗴𝗮𝘁𝗶 𝗮𝗶 𝗳𝗲𝗺𝗺𝗶𝗻𝗶𝗰𝗶𝗱𝗶

• Risultati del progetto PASK (Partner Abuse State of Knowledge), il più grande database di ricerca sulla violenza domestica al mondo, che evidenziano tassi simili di violenza tra partner per uomini e donne, una prevalenza di violenza bidirezionale e moventi comuni tra i generi, mettendo in discussione il paradigma dell'asimmetria di genere nella violenza intrarelazionale

• Alta incidenza di false accuse di maltrattamenti in fase di separazione, spesso usate strumentalmente nei contenziosi

• Mancanza di dati sulla violenza domestica contro gli uomini e nelle relazioni LGBT+ in Italia, che porta a un'analisi parziale del fenomeno e a soluzioni potenzialmente inefficaci o controproducenti

• Critiche alla teoria della "cultura dello stupro" nella società americana, vista come un'esagerazione non supportata da prove e causa di censura e isteria nei campus universitari

• Difficoltà per le vittime maschili di violenza domestica nell'accedere a servizi di supporto adeguati, a causa di pregiudizi, ostilità delle istituzioni e mancanza di centri antiviolenza inclusivi

• Attenzione selettiva dei media e dell'opinione pubblica sui femminicidi, a discapito di altri tipi di violenza (es. contro uomini o soggetti deboli)


Il termine "femminicidio" è stato coniato da Marcela Legarde, antropologa, politica e femminista messicana, rappresentante di spicco del femminismo latinoamericano e prima teorizzatrice del concetto

Il termine è diventato popolare grazie al film "Bordertown" (2007), ispirato alle reali vicende delle migliaia di donne uccise a Ciudad Juarez, in Messico

Ciudad Juarez è considerata la città più pericolosa del mondo a causa della guerra del narcotraffico e dei numerosi omicidi, con circa 950 bande armate che vi operano

La città è diventata tristemente famosa per le 4.500 donne scomparse e gli omicidi perpetrati ai danni di giovani donne, generalmente di umile estrazione sociale e impiegate nelle numerose maquiladora

𝗨𝗻𝗮 𝗰𝗼𝗺𝗺𝗶𝘀𝘀𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗴𝗼𝘃𝗲𝗿𝗻𝗮𝘁𝗶𝘃𝗮 𝗵𝗮 𝗿𝗶𝗹𝗲𝘃𝗮𝘁𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗰𝗶𝗿𝗰𝗮 𝗹𝗮 𝗺𝗲𝘁𝗮̀ 𝗱𝗲𝗴𝗹𝗶 𝗼𝗺𝗶𝗰𝗶𝗱𝗶 𝗲𝘀𝗮𝗺𝗶𝗻𝗮𝘁𝗶 𝗲𝗿𝗮𝗻𝗼 𝗺𝗼𝘁𝗶𝘃𝗮𝘁𝗶 𝗱𝗮 𝗿𝗮𝗽𝗶𝗻𝗲 𝗲 𝗴𝘂𝗲𝗿𝗿𝗲 𝘁𝗿𝗮 𝗯𝗮𝗻𝗱𝗲

Secondo alcuni studiosi, 𝗹𝗲 𝘃𝗶𝘁𝘁𝗶𝗺𝗲 𝗱𝗶 𝗼𝗺𝗶𝗰𝗶𝗱𝗶𝗼 𝗳𝗲𝗺𝗺𝗶𝗻𝗶𝗹𝗲 𝗮 𝗖𝗶𝘂𝗱𝗮𝗱 𝗝𝘂𝗮𝗿𝗲𝘇 𝗻𝗼𝗻 𝗵𝗮𝗻𝗻𝗼 𝗺𝗮𝗶 𝗿𝗮𝗽𝗽𝗿𝗲𝘀𝗲𝗻𝘁𝗮𝘁𝗼 𝗽𝗶𝘂̀ 𝗱𝗲𝗹 𝟭𝟴% 𝗱𝗲𝗹 𝘁𝗼𝘁𝗮𝗹𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗲 𝘃𝗶𝘁𝘁𝗶𝗺𝗲 𝗱𝗶 𝗼𝗺𝗶𝗰𝗶𝗱𝗶𝗼, 𝗲 𝗶 𝘁𝗮𝘀𝘀𝗶 𝗱𝗶 𝗳𝗲𝗺𝗺𝗶𝗻𝗶𝗰𝗶𝗱𝗶𝗼 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝗶𝗻𝗳𝗲𝗿𝗶𝗼𝗿𝗶 𝗮 𝗾𝘂𝗲𝗹𝗹𝗶 𝗱𝗶 𝗮𝗹𝗰𝘂𝗻𝗲 𝗰𝗶𝘁𝘁𝗮̀ 𝗮𝗺𝗲𝗿𝗶𝗰𝗮𝗻𝗲

I cartelli della droga reclutano molte ragazze come sicari, preferendole agli uomini perché meno sospettabili

L'affermazione "Il femmicidio e il femminicidio sono crimini tollerati dalle pubbliche istituzioni" non sarebbe mai stata citata dall'ONU, ma da un comitato femminista interno all'organizzazione

I dati ONU mostrano l'Italia come uno dei paesi con il più basso numero di omicidi femminili al mondo, con un tasso di omicidi maschili tre volte superiore a quello femminile